7 e 40

7 e 40

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Tutta questione d’amore

«Mi sono informato, c’è un treno che parte alle 7 e 40, non hai molto tempo, il traffico è lento nell’ora di punta».

Così suonava nel ’69 il lato B di quel 45 giri che cavalcherà, per ben due settimane consecutive, l’hit parade italiana. I due protagonisti si separano, ma appena lei oltrepassa l’uscio di casa l’uomo entra in crisi, rendendosi conto di non poter vivere lontano dall’amata. Attanagliato dall’angosciosa prospettiva della fine del rapporto decide di prendere l’aereo delle 8 e 50 per giungere a destinazione prima della donna e, nuovamente, riconciliarsi.

Sentimento considerevole almeno quanto l’esborso economico in termini di trasporti. Ma d’altronde cosa non si fa per amore?

«Al termine di un viaggio per raggiungere l’amante, un uomo capisce che la vera notte d’amore è quella che ha passato in uno scomodo scompartimento di seconda classe correndo verso di lei».

Insomma, da Battisti a Calvino, il pop e la letteratura sono pieni di esempi di stazioni ferroviarie prese d’assalto da cuori spezzati. Magari quelle stesse stazioni ed aeroporti che da qui a qualche ora vedranno scivolare sui propri pavimenti lisci e riflettenti e lungo le sbiadite e invalicabili linee gialle, le rotelline cigolanti di migliaia di trolley di fuori sede. E l’amore non c’entra o forse no. Forse è solo ed esclusivamente questione d’amore.

Astensionismo involontario (?)

Parabola discutibile a parte, questa è la storia di quello che viene definito come astensionismo involontario. Un’involontarietà travalicata esclusivamente dalla consapevolezza di quanto il voto sia assieme dovere civico e diritto inviolabile. Dall’amore, se vogliamo, di cui prima. Tanto inviolabile, dicevamo, che si è disposti anche a pagare per poterne disporre. Un’involontarietà, di contro, resa tale e costante dall’immobilità, questa tanto volontaria quanto contestabile, di una classe politica cabarettista, dove Tik Tok sembra essere diventato il volantino sgualcito del discount sotto casa, quello che neanche si guarda ma, in cui, per ovvie esigenze, si torna sempre a comprare.

Offerta politica

«Siamo in sconto» sembrano urlare i simpatici vecchietti sfidandosi a chi la dice più grossa, riproponendo la pantomima famigliare dello zio che proprio non vuoi invitare al pranzo di Natale. Quello un po’ imbarazzante, che ti manda il “buongiornissimo caffè” tutte le mattine, proponendosi come giovanile senza più essere giovane ormai da un pezzo. Lo urlano all’allettante platea di 4,7 milioni di giovani che domenica avranno il loro esordio al voto. Lo urlano in un’estenuante stand up comedy con la poltrona sistemata dietro le quinte. Nell’aria il puzzo del fritto esausto, quello che dovresti smaltire e che pure ricicli ripromettendoti, nuovamente, che questa è davvero l’ultima volta.

Carrozza 8

Dall’altra parte dello schermo c’è Giovanni. Carrozza 8. Posto 9A. Venticinque anni e zaino in spalla. È partito alle 16:30 da Bologna (città che vanta il maggior numero, in valore assoluto, di universitari fuori sede). Uno sconto sulla tariffa base del biglietto che gli è comunque venuto a costare 65,80 euro, andata e ritorno. Sette ore di viaggio, si spera, sempre che Trenitalia non voglia smentirsi e faccia ritardo, ma questo ancora non possiamo saperlo. Arrivo previsto alle 23:36, a Metaponto. L’inadeguatezza del trasporto nazionale è un’altra lunga storia.

Giovanni fa parte di quel 74% di studenti lucani fuori sede. La bellezza di 16,7 mila su 22,4 mila universitari che studiano fuori Regione. Regione che guadagna, per questo stesso motivo, il primato per studenti “esportati” oltre i propri confini.

I lucani fuori sede
Il libro bianco

Ma quanto pesa, al contempo, il numero dei fuori sede in termini del primo citato astensionismo involontario? Per rispondere a questa domanda ci vengono in aiuto ancora una volta i numeri, quelli riportati di seguito fanno riferimento al Libro bianco per la partecipazione dei cittadini: «Le Province del Mezzogiorno, dove risiede circa il 35% degli elettori, sono quelle che esprimono la quota più consistente (oltre la metà) dei potenziali spostamenti “lunghi” dei propri cittadini (superiori alle 4 ore di viaggio A/R) tra dimora e residenza in Province/CM diverse. L’incidenza sul corpo elettorale di chi deve rientrare “da fuori” è pari in media al 6,0% nelle Isole e al 5,8% nel Sud».

Ancora una volta la provincia maggiormente interessata da questo fenomeno è Matera, con punte superiori all’8%. La Basilicata tutta è ancora una volta la prima in Italia con un’incidenza pari al 7,8% di chi deve tornare a casa rispetto all’intero corpo elettorale. Lo scenario si ribalta salendo salendo: al centro, dove risiede il 20% del corpo elettorale, l’incidenza dei fuori sede è pari al 3,8%; al nord, dove risiede il 45% del corpo elettorale, l’incidenza scende ancora al 2,4%. Da notare come in quest’ultimo caso, non solo non si tratti dei cosiddetti “spostamenti lunghi”, ma sia il lavoro il fattore maggiormente responsabile degli stessi, in ben il 94% dei casi.

Possibili scenari

«Ipotizzando che questa forma di astensionismo involontario possa aver coinvolto l’intero universo sopra descritto, portando i cittadini a non affrontare onerosi trasferimenti per motivi elettorali, il peso misurato sul tasso di astensionismo registrato nelle elezioni politiche del 2018 ne risulterebbe “spiegato”, e quindi potenzialmente recuperabile, in media per oltre 4 punti percentuali su 27 a livello nazionale, con gradiente crescente da Nord (2,7 punti su 23,3), al Centro (3,8 punti su 24,8) e nel Mezzogiorno, con potenziale di recupero di 5,9 punti percentuali su 33 di astensionismo complessivo».

Diritto “garantito”

Sebbene, dunque, nessun sano di mente si sognerebbe di obbiettare sul fatto che sia l’astensionismo uno dei principali fattori che mette a rischio la tenuta democratica di un Paese, indotto e perpetrato all’interno dello stesso, paradosso dei paradossi, e quindi per nulla involontario; si preferisce continuare a far sostenere le spese logistiche per l’erogazione di quello che dovrebbe essere un diritto a tutti gli altri cittadini al fine di spacciare per “garantito” il voto ai fuorisede.

Quasi 5 milioni di persone, il 10% dell’intero corpo elettorale. Cifra per altro non molto distante dagli italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire: 5,8 milioni, a cui è concessa la possibilità di voto per delega o per corrispondenza.

Ultimo lancio di canna. Ultima fermata.

Gli ultimi sondaggi datati 10 settembre, allarmati annunciavano la possibilità che il 35% degli aventi diritto avrebbe disertato le urne. Tra chi si fa i conti di una partecipazione ai minimi storici e chi punta la lente sull’eventuale mancanza di risorse intellettuali, ciò che emerge davvero è l’incapacità di mobilitazione dei partiti, la loro assoluta scomparsa in termini di radicamento sociale e territoriale. Ciò che emerge è quel che resta di una borghesia stanca e sdentata che per sessant’anni non ha guardato altro che i propri piedi, preoccupandosi di come calzarli, perpetrando l’inganno per quella generazione che ora affanna sulle macerie di un tempo che non può più tornare. «La pacchia è finita» è stato urlato a più riprese, riproposto a più cori e più tornate. Adesso ci sarebbe da chiedersi per chi. Per cosa.

Dietro lo schermo l’avventista dell’ultima ora blatera qualcosa. L’intento è di pescare fino all’ultimo pesce e lunedì lasciarlo a riva, guardarlo boccheggiare, l’ennesimo tra tanti. La voce metallica annuncia l’arrivo. Per Giovanni è l’ultima fermata. Guarda l’ora. Pazienza. Non importa. È a casa.

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