Podolico del Casone Presidio Slow Food

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La storia: dall’Ottocento ad oggi

Abbiamo già parlato, in un precedente articolo, delle origini del caciocavallo podolico. Il re dei formaggi a pasta filata. Oggi vi raccontiamo la storia del Podolico del Casone. Uno dei sei produttori lucani che, ormai da qualche anno, ha visto riconosciuto il proprio prodotto tra i Presidi Slow Food.

Ci troviamo a Tito, Potenza, più precisamente in contrada Paganico, da cui l’azienda prende il nome. La nascita agli inizi dell’Ottocento. Coltivazione dei terreni e allevamento ovino, le principali attività. Nel 1827, in attuazione delle leggi sullo smobilizzo dei feudi, Francesco Laurini acquista la tenuta del Bosco di Satriano. Oltre cento anni dopo, Filippo Laurini, medico condotto di Tito, riprende e amplia l’attività agricola. Comincia una lunga parentesi di economia aziendale. Allevamento di mucche in stalla e vendita del latte.

Oggi l’azienda, quattro masserie e un’estensione totale di 500 ha, resta in capo alla famiglia Laurini. La specializzazione è nell’allevamento di podoliche. Il passaggio nasce da un incontro, quello con Alessandro Cerbasi. Ma procediamo con ordine.

La “mezzadria”

L’amore per le podoliche coltivato fin dalla tenera età, a seguito dei pastori, lungo le strade della transumanza. L’acquisto delle prime due mucche a soli dodici anni. Un faticoso puzzle da comporre per costruire pian piano la propria mandria. «Nel 2014 ero arrivato ad avere 25 capi, ma senza un terreno abbastanza grande a disposizione. Poi l’incontro con il notaio Laurini e l’incrocio delle nostre reciproche necessità».

A parlare è Alessandro Cerbasi. Trentasei anni da compiere, allevatore e casaro. «Da una parte c’era un’azienda scoperta e dall’altra io, che cercavo un posto per dare forma al mio sogno. Una sorta di mezzadria moderna, insomma».

Allevamento e produzione

Il risultato? Centoventi vacche podoliche allo stato brado su mille ettari di terreno, tra boschi e pascoli naturali. «La produzione è quella di una volta» assicura Alessandro. La mungitura operata al mattino. «Dei quattro capezzoli uno viene lasciato al vitello. In caso contrario l’animale difficilmente rilascia il proprio latte».

Il latte, appena munto, viene avviato alla produzione. Nessuno stoccaggio. La cagliata, ottenuta mediante riscaldamento e coagulazione del latte, subisce una seconda cottura, sino a diventare elastica, pronta per essere manipolata senza rompersi. Nel pomeriggio avviene, dunque, la filatura.

Caciocavallo Podolico del Casone
Caciocavallo Podolico del Casone

Dai sei agli otto litri di latte per animale ed una produzione che avviene solo tre mesi l’anno, da maggio a metà luglio. Ne risultano all’incirca seicento forme in tutto. «Ormai spediamo ovunque – aggiunge Cerbasi – e in molti ci chiedono di aumentare la fornitura, ma non solo non è possibile con i nostri attuali numeri, ma non è quello a cui miriamo».

Prodotto e territorio

«Conservare le antiche attività di produzione del formaggio è l’idea che anima il nostro lavoro – spiega Cerbasi – essere custodi di questa razza antichissima che ha rischiato di scomparire proprio in base alle logiche dell’attuale mercato è per noi motivo di grande orgoglio».

La minima produzione di latte e la rusticità della razza, che mal si presta allo sfruttamento intensivo degli attuali allevamenti, ne ha decretato la decadenza. «Voglio pensare che questa sia una sorta di forma di resistenza – conclude Alessandro – l’opportunità per noi di raccontare, a modo nostro, la Basilicata. Farlo attraverso i profumi della macchia mediterranea e dei boschi che trovano espressione nel latte delle nostre podoliche è quello che ci riesce meglio».

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