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Pasta La Lucana: la Basilicata al salone del gusto di Torino

La Lucana

Tempo di lettura: 3 minuti pasta Alica

Cosa vuol dire oggi “conservare antichi sapori”? Certamente ciò ha a che fare con tutte le dinamiche che salvaguardano e custodiscono la biodiversità. L’immensa ricchezza autoctona che un territorio porta con sé. Al tempo stesso, però, tale percorso si iscrive in una sfera a noi più vicina, che riguarda tanto i produttori quanto i consumatori. La difesa dell’identità culturale e sociale di un territorio. Come? Attraverso scelte consapevoli, sia di ciò che si va a produrre sia di ciò che si consuma. Passa anche da qui la food regeneraction che ha dato il nome a questa edizione del salone del gusto di Torino.

E se di scelte intendiamo parlare, da esaminare è senz’altro quella del pastificio La Lucana. Un marchio nato due anni fa appena, afferente alla società cooperativa agricola La Generale. Un gruppo di ventuno agricoltori nell’83, che oggi vanta la bellezza di mille associati e ben cinque impianti di stoccaggio.

La sede è Genzano di Lucania. La chiave del loro successo? «Il grano duro lucano – ribatte subito Vincenzo Menchise, responsabile dello stabilimento – le spighe dorate conferiteci dai nostri agricoltori, dall’Alto Bradano alla collina materana».

Il resto è ciò che si ottiene da una lavorazione, davvero, artigianale. «Da sempre l’uomo si è nutrito grazie ai frutti della terra, instaurando con essa un legame quasi simbiontico. Nonostante ciò – riflette Menchise – nel corso della storia, tale rapporto è profondamente mutato, facendosi via via più lieve e distaccato. La strada che la nostra azienda ha scelto di percorrere è radicalmente opposta all’attuale corso delle cose».

Un esempio per tutti? Il rispetto del tempo necessario. «Nel nostro pastificio scorre tutto lentamente, non solo per la cura maniacale che mettiamo in ogni fase della lavorazione, ma per la scelta di attuarla seguendo il metodo tradizionale, estraendo solo la parte migliore del chicco».

L’impasto viene poi successivamente affidato alle trafile di bronzo che le conferiscono un aspetto più rugoso, permettendo al prodotto finale di essere maggiormente poroso per un miglior assorbimento del condimento. «È a questo punto che la pasta prende vita – aggiunge Menchise sorridendo – credo di aver perso il conto, ma ci dovremmo aggirare intorno ai cinquanta formati totali».  

Ciò che segue è una lenta essiccazione, che richiede fino a trenta ore. «Quella di non utilizzare le alte temperature è una scelta precisa al fine di salvaguardare tutte le proprietà organolettiche del grano che andrebbero altrimenti perse a causa del danno termico, assicurandone al contempo una migliore digeribilità».

Migliore digeribilità assicurata, inoltre, anche grazie all’esclusivo utilizzo di semola pura, grazie allo scarto della parte esterna del chicco di grano: «è tale processo di estrazione che va a ricreare, nel prodotto finito – spiega Menchise – la sensazione olfattiva riconducile alla pasta fatta in casa dalle nostre nonne».

Ai formati regionali, orecchiette e cavatelli, oltre che alla neonata linea bio, della quale si può scegliere tra quella a semola standard, integrale o, ancora, la versione che utilizza grano duro Senatore Cappelli; si affianca la pasta aromatizzata. Dalle più semplici penne rigate alla curcuma alle classiche caserecce al peperone crusco, fino alla più impegnativa calamarata al nero di seppia, passando per le squisite fettuccine al tartufo bianco.

«Aromi naturali prodotti in Italia», specifica Menchise. Il rispetto della tradizionalità con uno occhio di riguardo alla sperimentazione, alla voglia di osare e andare incontro, perché no, alla curiosità e al desiderio di novità del consumatore. Ma anche per tracciare una nuova strada verso l’ambito della ristorazione gourmet. Assecondare, la propensione all’innovazione e alla ricercatezza che la cucina contemporanea reclama a sé come proprio tratto distintivo.

Il punto di forza resta, sempre e comunque, una filiera corta. Assieme ad una rete di produttori custodi e responsabili che sappiano approfittare della generosità di madre terra con rispetto e rinnovata attenzione.  

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