Salumificio Carbone

Salumificio Carbone: la Basilicata al salone del gusto di Torino

Tempo di lettura: 2 minuti

C’è un pezzo di Basilicata buona e genuina al salone del gusto di Torino, la manifestazione enogastronomica internazionale, organizzata da Slow Food, che ogni due anni riunisce nel capoluogo piemontese produttori e artigiani del settore alimentare da tutto il mondo.

A Parco Dora, le sfide per il futuro, coalizione e cooperazione tra comunità. Assunzione di responsabilità e condivisioni di diritti e doveri, di produttori e consumatori, assieme, ancora una volta, con la ferma necessità di ribadire i concetti fondanti di buono, pulito e giusto.

Come? Partendo da una sana alimentazione che faccia bene tanto alla salute quanto al pianeta. La chiave è la qualità, che nel nostro caso coincide con la salvaguardia dei metodi di lavorazione tradizionali e di quelle razze autoctone dall’alto valore nutrizionale.

«La nostra è una storia che inizia nel ’96, quando mio padre Carmine, dopo aver maturato una lunga esperienza nella lavorazione dei salumi, torna a Tricarico, decidendo di dare avvio a quella che da lì in avanti sarebbe diventata l’attività di famiglia». A parlare è Valentina Carbone, responsabile dell’amministrazione e della pianificazione delle operazioni aziendali. Al suo fianco la mamma, Margherita Rago, da sempre responsabile di produzione, l’occhio più vigile dell’intero stabilimento.

«La loro impostazione – spiega Valentina – è stata quella di improntare l’azienda sulla ricerca dell’eccellenza, tenendo sempre fede a tre principi per noi imprescindibili e fondamentali, la genuinità, la qualità e la freschezza, da qui l’utilizzo di carne acquistata da allevatori locali».

Un esempio? La linea Nero Lucano, salumi prodotti con carni pregiate di suino nero lucano allevato libero al pascolo. Carni che vantano, tra l’altro, un alto valore nutrizionale, poiché ricche di acidi grassi polinsaturi omega-3. Il risultato è un prodotto ottenuto esclusivamente da una lavorazione artigianale, con l’utilizzo di spezie naturali senza additivi e conservanti.

Il  passo successivo, quello della nuova generazione, si concretizza nel legame tra il prodotto e il territorio di provenienza. «Oggi parlare di cibo vuol dire anche e soprattutto portare avanti un’idea di comunità, cultura e tradizione. Raccontare attraverso la lente enogastronomica la propria storia, proiettare nel tempo futuro le proprie origini». Nasce da tale ambizione la Linea Vasetti, Normanna e Saracena, «come le due torri di Tricarico» aggiunge Valentina, dalla conservazione nel vasetto in terracotta sotto strutto, a quella con olio evo, ovviamente nostrano.

Nuove frontiere per raccontare della propria terra, esportare le proprie eccellenze. Un racconto, quello di Salumificio Carbone, prevalentemente al femminile. A Valentina, difatti, si aggiungono le altre tre sorelle, Donatella, Teresa e Alessia. «L’idea di combinare tradizione e avanguardia è cresciuta tanto da farci pensare alla creazione di una linea premium, Quattro Sorelle, appunto. Filiera corta, materie prime certificate, impiego di sole carni lucane e di spezie di alto livello qualitativo, come il sale marino della salina di Trapani, l’aglio DOP di Voghiera e il famoso pepe di Penja».

Qualità e comunicazione della stessa. Questo il fattore che porta il Salumificio Carbone ad acquisire, man mano, un posto sempre più rilevante all’interno del proprio settore. «Attualmente circa il cinquanta percento della nostra produzione è rivolta ai mercati regionali, il resto al nord Italia, una buona fetta all’estero, Germania, Belgio e Francia. I prodotti di punta? Senz’altro la salsiccia, il capocollo e la soppressata con finocchietto selvatico. La soddisfazione del consumatore è la nostra soddisfazione, ma abbiamo ancora molti progetti per il futuro e nessuna intenzione di fermarci».

Potrebbero piacerti anche:

Nives Elixir. Dal manoscritto al Nettare del Sirino

Milvus Brewery: born to fly. Birra, rapaci e non solo

Pomarico. Profumo d’estate nelle ricette a base di fichi

Podolico del Casone Presidio Slow Food