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Attestazioni di tipicità

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Che cosa c’è dietro le denominazioni dei prodotti agroalimentari e qual è il valore aggiunto conferito da tali riconoscimenti? Le tipologie più conosciute sono senz’altro la DOP, l’IGP e le STG, rispettivamente Denominazione di Origine Protetta, Indicazione Geografica Protetta e Specialità Tradizionale Garantita. È proprio la nostra penisola a detenere il primato assoluto, con il maggior numero di prodotti agroalimentari fregiati di questi titoli e riconosciuti dall’Unione europea; oltre ottocento attestazioni di qualità che contribuiscono a rendere lo stivale un Paese unico al mondo.

Ma l’Italia è soprattutto i suoi borghi, l’Italia rurale e interna che rende vivo il passato, capace di abbracciare nella modernità la permanenza delle tradizioni. Quel bagaglio di storia e patrimonio etnoantropologico che oggi trova il proprio riconoscimento nel marchio De.Co. Denominazione Comunale, un’attestazione di tipicità che a differenza delle denominazioni protette a livello europeo viene disciplinata a livello comunale ed è pertanto alla portata di iniziative di valorizzazione locale.

«Un vero e proprio percorso di partecipazione e condivisione dal basso che ci ha permesso di legare non uno, ma ben tre prodotti al territorio comunale – spiega il dottor Giuseppe Di Sanzo, vicesindaco di Montalbano Jonico – mettere in luce la memoria collettiva di una comunità e aprire la strada per numerosi altri riconoscimenti». Tra questi il pastizzo, in dialetto pastizzë, una torta salata preparata nei giorni che precedono la Pasqua. Sempre legati alle festività, questa volta natalizie, sono i panzerottini con i ceci, cauzunieddë pë lë cicërë, dolci fritti ripieni con passata di ceci, miele, cioccolato, vin cotto, zucchero, cannella, scorza grattugiata di arance e mandarini. Ultima, ma non meno importante, specialità tradizionale riconosciuta è la strazzata, strazzatë, una sorta di focaccia da “strappare con le mani”, gesto conviviale che le conferisce il nome e si fa portatore del racconto della condivisione e della tradizione contadina che strappa per unire.

«Quello che ci ha portato alle De.Co è stato un percorso lungo, iniziato nel 2019, che ci ha permesso con il tempo di dare maggiore forza e slancio a questi prodotti, anche grazie alla prima fase di ricognizione e raccolta delle informazioni, coadiuvati dagli artigiani del settore, dai produttori e dai tecnici dell’Alsia che ci hanno accompagnato lungo questo lavoro collaborativo e corale – aggiunge Di Sanzo – attendiamo per l’inizio dell’estate l’emissione dei disciplinari, l’ultimo passo che separa i produttori dall’utilizzo del marchio. Prima di allora intendiamo aprire un ulteriore fase di consultazione per raccogliere osservazioni e integrazioni al fine di caricare questi prodotti della giusta “popolarità”». Non un mero procedimento burocratico, insomma, ma il coinvolgimento reale di tutti quegli attori, dalle famiglie ai veri e propri produttori, che oggi continuano a riconoscere nella tradizione culinaria la propria identità di comunità.

«Ma anche uno strumento di orientamento dei consumatori – aggiunge Di Sanzo – che legato al marketing territoriale contribuirà a rendere più ampia e completa l’immagine di Montalbano Jonico». Immagine che si accresce anno dopo anno e spazia dal titolo di Città della riserva naturale speciale dei Calanchi, i giganti d’argilla che da millenni abitano le terre lucane disegnando il profilo di un vero e proprio museo a cielo aperto, al riconoscimento di Città dell’olio, fino alla produzione di vini di cantine locali diventate con il tempo un vero e proprio fiore all’occhiello che ha superato di gran lunga i confini regionali e non solo.

«Il prodotto tipico sembra caratterizzato da una decisa stabilità nei caratteri e nelle forme che deriva da un cruciale elemento genetico: la concentrazione di una grande tradizione storica su piccoli territori geografici da parte di un gruppo umano relativamente limitato e ben radicato». Volendo prendere in prestito la definizione di Cristiano Ciappei, nel saggio La valorizzazione economica delle tipicità locali tra localismo e globalizzazione, potremmo concludere dicendo che ad oggi è proprio quella concentrazione di una grande tradizione storica su un piccolo territorio a definire lo stesso nell’ambito delle proprie peculiarità, rendendolo unico proprio grazie a quell’attestazione di tipicità.

 

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