Jazz Beer, artigianalità lucana

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La proiezione in ambito imprenditoriale di una passione. Il salto da una produzione destinata all’autoconsumo ad una più massiccia, con la volontà di sottoporsi al giudizio dei potenziali futuri clienti. Ma qual è la chiave che porta a questo? Lo stimolo che spinge a lanciarsi sul mercato, ad accettare il rischio di fare impresa? Secondo Cosimo Carella non si tratta che del piacere della condivisione. Della possibilità, prima inaspettata, di aprirsi ad un panorama più ampio. Di incuriosire e conquistare attraverso un prodotto artigianale, che parli di sé e che sia strettamente legato alla terra di produzione.

Siamo a Bernalda, cittadina giovane e viva nella parte meridionale della provincia di Matera, con il Bradano e il Basento a cingerne i confini rispettivamente da est ad ovest, abbracciando dolcemente il colle sul quale sorge. Ed è proprio di Bernalda che Cosimo intende parlare quando, nel 2008, dà avvio al suo birrificio, assieme alla moglie, Annamaria Scasciamacchia e all’amico Roberto Torraco. L’idea parte, come in molti altri casi dalla passione condivisa della birra fatta in casa, poi la voglia di portare la produzione fuori dalle mura domestiche e di cimentarsi in questa avventura affrontando la dura consapevolezza di una regione che di certo non brulica di birrifici artigianali.

Jazz Beer è difatti una delle prime realtà produttive a sorgere in questo ambito, con tutte le conseguenze che una tale scelta porta con sé. Se da un lato, infatti, possono essere noti i vantaggi di operare in un mercato in cui i concorrenti locali, quattordici anni fa, erano quasi del tutto assenti, bisogna pur riconoscere l’incertezza che una tale situazione si porta dietro, assieme all’impossibilità di fare rete, senza considerare, inoltre, l’indubbia certezza che il mercato ha smesso di avere dei confini territoriali ben definiti molto prima di un decennio fa.

Qual è, dunque, la strategia per affermarsi? «Il nostro è un prodotto di nicchia – spiega Cosimo – per cui il nostro biglietto da visita non può che puntare sulla qualità della materia prima, con approvvigionamenti nazionali ed esteri».

La sperimentazione nel corso degli anni, l’impegno costante alla ricerca della ricetta perfetta, la propensione a stimolare la curiosità dei consumatori: «Abbiamo sempre voluto distinguere il nostro prodotto dalle birre commerciali. Rincorrere i grandi marchi nella nostra ottica avrebbe avuto davvero poco senso. Sono, per questo stesso motivo, fermamente convinto che una birra prodotta a Bernalda debba dialogare e rappresentare il territorio di provenienza». Questa la strada per la valorizzazione di un brand che si è via via affermato all’interno di un mercato che negli ultimissimi anni è diventato sempre più gettonato.

«Il nostro è un piccolo laboratorio di 25 mq, con un impianto dalla capacità di appena due ettolitri, per una produzione annua che si attesta intorno ai cento, praticamente nulla in confronto ai grandi birrifici industriali – aggiunge Cosimo con voce gentile e sorridente – per ovvi motivi non è questo il lavoro che ci permette di vivere, ciò che ci spinge ad andare avanti è puramente la passione assieme al desiderio di offrire un prodotto di qualità, qualità che i nostri clienti ci riconoscono e che apprezzano, la loro soddisfazione è prima di tutto la nostra».  

Il risultato? Birre artigianali “tutto malto”, non filtrate, non pastorizzate e rifermentate in bottiglia, processo, quest’ultimo, che conferisce al prodotto una “gasatura” naturale senza l’aggiunta di anidride carbonica, preservandone le intrinseche caratteristiche organolettiche. Da qui cinque varianti: due birre chiare, due ambrate e una scura. Tra le prime la Swing e la Zhytum, entrambe prodotte con malto d’orzo proveniente dalle terre lucane. Dal colore giallo chiaro e dal gusto delicato, la prima, con amaricatura effettuata tramite luppolo neozelandese, che la rende rinfrescante e ricca di sentori fruttati e agrumati; dai riflessi dorati e dal sapore speziato la seconda, gusto questo conferitogli grazie all’utilizzo di luppoli provenienti dalla Germania e dalla Repubblica Ceca.  Corpo robusto e tondo, invece, per Alexandra, l’ambrata dal colore intenso. Ispirata poi alla birra d’abbazia, morbida e fruttata, è la Abb’Yong. A completare il parterre ci pensa la scura Groove, una miscela di cinque malti d’orzo provenienti da Basilicata, Germania ed Inghilterra, i sentori di liquirizia, tostato e affumicato ne rendono il gusto deciso ma allo stesso tempo armonizzato.

Esercizi di stile che sfidano le ricercate e quanto mai di moda complessità per una birra equilibrata e senza fronzoli che vuole e sa farsi ricordare.  

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