Crazy Hop, dentro un boccale di birra

Tempo di lettura: 2 minuti

La storia millenaria che trova testimonianza nelle aree archeologiche; le coloratissime maschere di Carnevale e gli antichi riti propiziatori; il canto della civiltà contadina nella voce del suo interprete più essenziale, Rocco Scotellaro. Siamo a Tricarico, lì «dove l’erba trema», nella parte settentrionale delle provincia materana, poco meno di cinquemila abitanti a 698 m s.l.m., uno dei centri medioevali più importanti e meglio conservati della Basilicata.

Ed è proprio nel Medioevo che questa storia ha le sue origini. Perché è durante quel periodo, erroneamente ribattezzato come età buia, che il prodotto di cui oggi vi andremo a parlare, conoscerà il suo più ampio sviluppo all’interno di quei microcosmi sperimentali che erano, nell’anno Mille, i monasteri. Stiamo, ovviamente, parlando della birra, una delle più antiche bevande prodotte dall’uomo.

Oggi l’industria birraia è un business di proporzioni globali, con alcune multinazionali a spartirsi il mercato, ed impianti industriali che tendono a standardizzare il prodotto finale, con l’intento di assicurare al consumatore gusto e caratteristiche omogenee, facilmente apprezzabili ai più. Ma la figura del mastro birraio non è mai realmente tramontata: è sul calare degli anni ’90, infatti, che fiorisce in Italia il fenomeno della birra artigianale. Si può finalmente tornare a parlare di arte e cultura birraia.

Crazy Hop. Questo il nome della realtà imprenditoriale che vede la nascita nel luglio del 2016. Una passione che trova il coraggio di farsi opportunità, lavoro e futuro. Siamo a circa dieci chilometri da Tricarico, immerso in un bellissimo bosco di latifoglie e querceti, il birrificio artigianale di Alessandro Chessa. Molti anni da homebrewer, poi lo studio, i master e i corsi di degustazione, e infine la scelta di avviare la propria attività.

Oggi Alessandro, trentaquattro anni, assieme al fratello Lorenzo, produce ben nove tipologie di birre diverse, «sta arrivando la decima – mi spiega – tutte ad alta fermentazione, né pastorizzate né filtrate». Dietro il marrone vitreo della bottiglia, non solo la bellezza dell’artigianalità di un prodotto, ma i profumi di una terra in cui hanno deciso di investire. Ecco che il malto d’orzo utilizzato è completamente made in Lucania.

La scelta del prodotto locale trova spazio, dunque, nella Saracena. Stile blanche, giallo paglierino velato e l’utilizzo di una piccola percentuale di grano duro Senatore Cappelli non maltato della collina materana. Nel bouquet di aromi: coriandolo, buccia d’arancia e di limone, per un sapore agrumato, fresco e dissetante. Sull’etichetta, disegnata da un artista del posto, la torre Saracena, il monumento maggiormente rappresentativo della città fortificata di Tricarico.

Caratterizzazione nostrana, impiegata non come mera manovra pubblicitaria, ma che si regge, invece, su un’accurata selezione della materia prima. Da qui l’aggiunta di miele millefiori, prodotto da un apicoltore della zona, nell’Imperial Ipa che, assieme a un mix di luppoli americani e continentali, conferisce a questa birra sapori erbacei e floreali.

Dietro ad ogni “ricetta” un gioco di equilibri: l’aroma del caffè e della liquirizia bilanciati dalla dolcezza del lattosio nella Milk Stout, per una birra scura resa morbida e vellutata dall’aggiunta di questo zucchero non fermentescibile. La chimica degli elementi sovvertita a una complessiva armonia dei sapori.

Nel piazzale antistante il birrificio, una roulotte d’epoca allestita a truck-food, per degustare, nel periodo primaverile e estivo, le birre artigianali alla spina accompagnate da taglieri e panini con prodotti tipici. Un elegante Crazy Hop itinerante con cui Alessandro e Lorenzo portano in giro la propria artigianalità per “una birra da favola”.

Potrebbero piacerti anche:

Nives Elixir. Dal manoscritto al Nettare del Sirino

Milvus Brewery: born to fly. Birra, rapaci e non solo

Pomarico. Profumo d’estate nelle ricette a base di fichi

Podolico del Casone Presidio Slow Food